Virus informatici: siamo stati i primi?


Nel 1985, Marco Morocutti e Roberto Cerruti hanno pubblicato su Scientific American (in Italia Le Scienze) una lettera in cui veniva descritta la possibilità di realizare un virus per computer.

Oltre ad avere concepito l'idea in modo indipendente, sembra che questa comunicazione sia stata la prima a comparire su una rivista a diffusione mondiale.

Ecco com'è andata...

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Le origini

La possibilità di realizzare un virus per computer, cioè un programma in grado di autoriprodursi propagandosi subdolamente da una macchina all'altra, è stata concepita all'inizio degli anni '80 da diversi programmatori.

Ma chi ha avuto questa idea per primo? Nessuno può dirlo con sicurezza, anche perchè la paternità dei virus informatici è stata attribuita di volta in volta a persone diverse. Quello che invece è noto, per lo meno fino a prova contraria, è il nome di chi per primo ha comunicato la possibilità di realizzare un virus, pubblicandola su una pubblicazione a tiratura mondiale e diffondendo in tal modo l'idea ad un gran numero di persone. Gli autori di quella storica comunicazione erano due programmatori: il mio collega Roberto Cerruti ed io; la rivista era nientemeno che Scientific American, pubblicata in Italia come Le Scienze.

La prima idea

Come è accaduto? A quell'epoca fra gli appassionati cominciavano a diffondersi i primi personal computer, fra cui i famosi Apple II, e le novità si susseguivano una dopo l'altra. Pensai allora che sarebbe stato davvero interessante realizzare un programma di tipo particolare, scritto in modo da avere la capacità di "attaccarsi" ad un normale programma, in modo da essere eseguito senza farsi scoprire. Se poi questa specie di intruso fosse stato in grado di "contagiare" qualsiasi altro programma presente in quel computer, si sarebbe diffuso in tutta la macchina proprio come un virus si diffonde in un organismo vivente. Ragionando fra noi su questa idea, pensammo che avremmo ottenuto il massimo dell'efficacia se il nostro programma avesse avuto anche la capacità di propagarsi da una macchina all'altra. Si sarebbe allora diffuso come una vera epidemia, che una volta scatenata poteva sfuggire completamente al controllo dei propri autori fino ad infettare un gran numero di macchine.

Crisi di coscienza

Roberto pensò allora che, per potersi diffondere, la nostra diabolica crezione avrebbe dovuto "infettare" non solo i programmi già presenti nel computer, ma anche tutti quelli che si trovavano su qualsiasi floppy disk che fosse stato temporaneamente inseritto in quella macchina. In questo modo, chiunque avesse trasportato un floppy da una macchina infetta ad un'altra si sarebbe comportato come una sorta di moderno untore, veicolo di una nuova e sconosciuta epidemia informatica.

Ma ci rendemmo conto che, in fondo, questa era una idea davvero terribile. Perchè il nostro programma virus poteva non limitarsi a replicarsi in modo innocuo, ma anche combinare qualche grosso guaio. Per esempio poteva danneggiare gli altri programmi, ignari di trovarsi al cospetto di un simile mostro; oppure poteva addirittura cancellare completamente tutti gli archivi del computer in cui si fosse malauguratamente trovato. Tutto sarebbe dipeso solamente dalla volontà di chi avesse eventualmente realizzato sul serio il nostro virus.

Perciò, in preda ad una crisi di coscienza (sentimento condiviso ed incoraggiato anche dal collega Enrico Colombini), decidemmo che questa possibilità era troppo pericolosa. Non realizzammo mai il virus, e tenemmo l'idea solamente per noi.

Guerre simulate

Ma in quel periodo Le Scienze pubblicava (RI)CREAZIONI AL CALCOLATORE, una rubrica a cura di A.K. Dewdney che trattava di giochi matematici e problemi logici di varia natura, che solitamente avevano a che fare con i calcolatori. Nel luglio del 1984, in quella rubrica comparve un articolo riguardo ad un gioco di simulazione piuttosto singolare, in cui diversi programmi per computer si affrontavano fra loro in una sfida all'ultimo sangue, combattendo all'interno di una specie di arena digitale. Il gioco si chiamava Core Wars, la guerra dei Nuclei; lo strano nome derivava dal fatto che, in origine, la memoria dei calcolatori (ove risiedono i programmi quando vengono eseguiti) era costituita da una fitta rete di nuclei magnetici. Core Wars era una idea nuova che si era diffusa in tutto il mondo, dando origine a veri e propri tornei in cui ogni programmatore creava il suo programma guerriero e sfidava così gli altri avversari.

La pubblicazione

Il fatto che si parlasse di programmi quasi animati di vita propria, che combattevano contro altri programmi, ci ha fatto riflettere. Prima o poi sarebbe saltata fuori l'idea del virus, e qualcun'altro se ne sarebbe aggiudicato il merito. Decidemmo allora di rompere gli indugi e scrivere una lettera direttamente a Scientific American, l'edizione americana della rivista, in modo da dare la massima risonanza alla nostra idea.

Parte della storia?

Nel marzo 1985, nella rubrica COMPUTER (RI)CREATIONS di Scientific American comparve un estratto della nostra lettera, pubblicato poi fedelmente anche sul numero 201 (maggio 1985) della versione italiana Le Scienze. Un estratto di quel testo, dove si parla appunto dei nostri virus, è riportato anche qui. Da quel momento in poi l' idea era divenuta pubblica, sia negli Stati Uniti che in tutti i paesi in cui si leggeva Scientific American o si stampava una edizione nazionale della rivista.

Più tardi, nel 1988, ci venne la curiosità di sapere se fossimo stati veramente i primi a pubblicare l'idea di virus per computer. Roberto scrisse allora nuovamente a Dewdney, chiedendogli cosa ne pensasse. Ecco la risposta (riporto anche la copia della versione originale):

Caro sig. Cerruti,
che piacere risentirtla nuovamente! Anche se il termine "virus" è precedente al 1980, sono convinto di potervi confermare che l'idea sua e del sig. Morocutti è stata una delle prime descrizioni realmente pubbliche di un virus. In questo senso, voi due siete parte della storia!

Con i migliori saluti,
A.K. Dewdney

Questa è la nostra storia; tutto il resto... è storia!


Ecco il testo di Le Scienze    Ed ecco la risposta di Dewdney